Gabriele Casella, Campione del Mondo W.A.K.O PRO e Campione del Mondo W.M.O., si racconta ai microfoni di SportFair fra i match sul ring e le lotte contro i pregiudizi, con una mano sempre tesa verso il sociale
In Italia lo sport preferito è il calcio, lo è stato in passato e probabilmente lo sarà ancora per molto tempo in futuro. Ma se si allargano un po’ gli orizzonti sportivi, al di fuori (purtroppo) di quello che le tv e i principali media propongono, ci si accorge che c’è una realtà italiana in grande crescita che fra ‘un calcio’ e un pugno combatte per emergere. Stiamo parlando degli sport di contatto, dalle MMA al Kikcboxing e qualsiasi altra specialità isegni le tecniche e la filosofia alla base del combattimento, in modo tale di trasformare quella che ad un occhio inesperto possa sembrare una semplice rissa da strada in una nobile disciplina.
Credits: Instagram @gabriele.magnificent.casella
Volendo dare spazio a questa interessante realtà, abbiamo avuto il piacere di intervistare Gabriele Casella, attuale Campione del Mondo W.A.K.O PRO (World Association of Kickboxing Organizations) peso 85.100 kg, e Campione del Mondo W.M.O., che qualche giorno fa ha dato spettacolo sul ring di Bellator Roma. Il fighter italiano ha risposto cordialmente alle nostre domande, tanto sul suo ultimo match, quanto sul movimento legato alle discipline di contatto e al mondo dei fighter italiani. Impossibile non iniziare però parlando delg rande match che lo ha visto trionfare nella Capitale contro Alexandru Negrea. Il fighter romeno aveva alzato i toni tramite i social, ma Gabriele ha preferito rispondere solo sul ring: “la verità sta sul ring, non nelle baruffe che precedono l’incontro. Sul ring non c’è spazio per i superuomini. Il ring è il luogo in cui si accendono le luci sull’ essenza della condizione umana. Per me Negrea è un fratello. Oltretutto un grande campione-pro che ha scritto pagine memorabili nella storia della Kickboxing, come nell’incontro da lui vinto contro il leggendario Melvin Manhoef . Mi sono preparato all’incontro cercando di usare tutto il repertorio della Kickboxing, cambiando tattica, colpi e guardia ad ogni round. Cercando di fargli mancare ogni riferimento. Ho voluto vincere non limitandomi a tenerlo a distanza con le gambe, ma ho voluto continuamente sfidarlo anche con le tecniche di braccia, da vicino, sul piano delle tecniche pugilistiche in cui lui è uno dei più bravi“.
Credits: Instagram @gabriele.magnificent.casella
Sorge spontanea duque la domanda: com’è possibile che l’Italia possa vantare dei fighter così talentuosi, ma che non godano, non soltanto della giusta eco mediatica, ma anche dell’importanza e dei riconoscimenti tributati ad altri sportivi? Argomento molto caro a Gabriele che nel risponderci fa anche un appello alle istituzioni: “noi Fighter italiani abbiamo dimostrato di poter toccare i vertici internazionali. Siamo però ancora poco sostenuti dalle istituzioni del settore pubblico e dal sistema televisivo nazionale. E’ come se ci fosse una sorta di diffidenza moralistica e pudica nei confronti di queste discipline. Eppure le nostre discipline in Italia muovono grandi numeri. Qualunque palestra che voglia garantire corsi di arti marziali deve anche inserire, per sopravvivere, le discipline da combattimento, che hanno un enorme numero di praticanti. Abbiamo iniziato il percorso per fa sì che la Muay Thai diventi disciplina olimpica. Il ministero della difesa dovrebbe attivare le convenzioni per inserire la disciplina nei corpi militari. Lancio un appello alle istituzioni affinché affidino gratuitamente alle nostre organizzazioni di settore i beni sequestrati alla mafia per poterli usare come palestre e centri per la lotta alla mafia, al bullismo ed alla violenza, anche di genere. Questi spazi servirebbero non solo per la preparazione atletica agonistica, ma anche quale luogo per lo sport di cittadinanza, lo sport che possono praticare tutti. Esistono programmi di allenamento non agonistico che ci consentono di far sì ampi strati della popolazione possano seguire le nostre discipline“.
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Problematiche che derivano anche da alcuni pregiudizi. Non è un mistero che spesso, per ignoranza, si tenda ad equiperare gli sport da combattimento a delle vere e proprie risse, nelle quali l’obiettivo finale sia sfograre i propri istinti e fare del male all’avversario. Al termine dei suoi match il fighter romano è solito prendere in mano il microfono, proprio per cercare di tirare un calcio a questi pregiudizi: “lo ripeto alla fine di quasi tutti i miei match, quando spesso prendo il microfono per ricordarlo. Noi fighter dovremmo prendere la parola per essere protagonisti delle trasformazioni della nostra società. Non può essere che siano gli altri a rubarci le parole. Contro i pregiudizi nei confronti del nostro sport dovremmo organizzare una grande campagna nazionale di comunicazione che veda unite tutte le nostre organizzazioni in uno sforzo comune. E poi, come ho detto, i presidi territoriali con i beni confiscati alla mafia“.
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Lotta sul ring contro gli avversari, al di fuori di esso contro i pregiudizi e si impegna silenziosamente anche nel sociale. Abbiamo chiesto a Gabriele Casella, come ultima domanda, di parlarci delle tante attività che ha intrapreso per la sensibilizzazione contro la violenza sulle donne e contro il bullismo, la raccolta fondi a favore delle persone affette da disabilità psichiche e un nuovo progetto legato alla ‘formazione degli attori’: “con Sap Fighting Style abbiamo prodotto una maglietta i cui proventi della vendita vengono devoluti alle persone autistiche e con disabilità psichiche. Sulla maglietta campeggia la scritta: Onore al mio avversario. Questa è la filosofia degli sport da combattimento. E con le scuole collaboro non solo per la lotta alla violenza sulle donne, ma anche per la lotta contro il bullismo. Per quanto riguarda gli attori proponiamo un corso di perfezionamento. I grandi maestri del teatro (da stanislavskij a Grotowski) sostenevano che i nostri allenamenti possono dare molto nella formazione dell’attore. Il pugile Georges Carpentier, detto l’”uomo orchidea” per l’eleganza della sua scherma boxistica, è stato un riferimento ideale anche per molti maestri di teatro. Lo sport da combattimento è uno yoga per l’attore, per il lavoro su se stessi come azione fisica e psichica. Per superare i luoghi comuni delle convenzioni sceniche“.
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