L’ex presidente italiano e mondiale della federazione tiro con l’arco è convinto che la decisione della Corea del Nord di partecipare alle Olimpiadi di Pyeongchang 2018 sia tutto un bluff
Una decisione improvvisa e clamorosa, che apre uno spiraglio di dialogo tra la Corea del Nord e quella del Sud. Il dittatore Kim ha deciso infatti di far partecipare una propria delegazione di atleti alle Olimpiadi Invernali che si terranno a Pyeongchang, un’occasione per riallacciare i rapporti e riaprire il dialogo interrotto due anni fa. Una situazione che, tuttavia, non convince Francesco Gnecchi Ruscone, ex presidente italiano e mondiale della federazione tiro con l’arco (’77-89). Il 94enne che vive adesso a Milano fu mandato dal CIO nell’88 a Pyongyang, nella capitale della Corea del Nord, per convincere il nonno dell’attuale dittatore, Kim Il Sung, a non boicottare i Giochi estivi di Seul ’88. Ruscone conosce dunque il modo di pensare della famiglia Kim, per questo motivo è convinto che l’attuale dittatore covi qualcosa dietro la decisione di mandare una propria delegazione alle Olimpiadi.
“Questa decisione servirà a Kim come gesto distensivo, ma a me sa tanto di bluff e comunque lo vedo limitato solo per l’Olimpiade: non conterei affatto sulla buona fede, vedremo se in fondo al cestino della uova c’è anche il serpente. Kim non si fida di nessuno se non del fatto che, nella sua imprevedibilità, questo gesto sia utile. Non saranno due pattinatori a cambiare la storia, a trovare un vero compromesso e a riaprire le frontiere 70 anni dopo, tutto questo è molto più problematico. Finiti i Giochi tutto tornerà come prima».
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