Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha espresso tutto il suo rimpianto per la mancata candidatura alle Olimpiadi di Roma, non solo per l’edizione 2024 ma anche per il 2028
“C’è ancora amarezza ma la vita deve andare avanti“. Ai microfoni di Radio Capital, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, torna sulla mancata candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, decisa dalla giunta capitolina a Cinque Stelle. “Il nostro mondo è sempre stato rispettoso delle istituzioni, che di fatto sono i nostri azionisti, e anche di quelle locali, con cui si portano avanti i progetti – spiega il numero uno dello sport italiano – Il nostro emblema sono i cinque cerchi e difendo il sogno olimpico: non è stato chiusa solo l’ipotesi di una candidatura per il 2024, c’era la possibilità di candidarsi per il 2028, avendo fatto un regalo a Parigi, che onestamente era ancora meglio. Ci sarebbero stati altri quattro anni per fare meglio ed il Cio, come ho cercato inutilmente di spiegare, ha dato fondi significativi per l’impiantistica“.
Secondo Malagò Roma avrebbe avuto ottime chance per farcela: “a un uomo di sport puoi chiedere tutto ma non di gareggiare. Puoi anche perdere ma eravamo all’inizio e non c’è stata confermata la certificazione all’iscrizione. Eravamo destinati a perdere? Questo giudizio possono darlo solo quelle pochissime persone che sanno di cosa stiamo parlando. Mi sento di dire che, malgrado tutte le complessità della città, c’era fiducia nella nostra amata Roma e c’è rammarico perchè ero convinto di farcela. Era l’unica opportunità certa per dare delle risposte sicure per le grandi istanze di lavoro per i nostri giovani“. Detto che “il nostro paese è apprezzato per la multidisciplinarità“, Malagò sottolinea anche che “a Roma c’è un grande problema di gestione degli impianti, dovuto in parte all’incertezza sulle concessioni comunali dovuta al passaggio delle varie amministrazioni. C’è un grande bisogno di strutture multidisciplinari per fare dalla pallavolo alla pallacanestro, dalla ginnastica al calcio a cinque. Negli altri paesi queste strutture stanno nelle scuole, da noi si reggono sull’associazionismo sportivo, che poi riesce a colmare il gap mostruoso di partenza“. (ITALPRESS)
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